Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge; Contro la Provincia autonoma di Bolzano - Autonome Provinz Bozen, in persona del Presidente in carica, con sede a Bolzano, piazza Silvius Magnago, 1 - Palazzo 1 per la declaratoria della illegittimita' costituzionale giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 19 giugno 2019, degli articoli 7, comma 1, e 9, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 aprile 2019, n. 2 pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol n. 17 del 30 aprile 2019, numero straordinario n. 2. In data 30 aprile 2019, sul numero straordinario n. 2 del Bollettino ufficiale n. 17 della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol, e' stata pubblicata la legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 aprile 2019, n. 2, intitolata «Variazioni del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bollano per gli esercizi 2019, 2020 e 2021 e altre disposizioni». In particolare, ed ai fini che qui interessano, l'art. 7, comma 1, della legge, sostituendo l'art. 46-bis della legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7 e successive modificazioni, detta disposizioni in merito al sistema di valutazione dei dirigenti sanitari; l'art. 9, comma 1, intervenendo sull'art. 7 della legge provinciale 15 novembre 2002, n. 14, contiene invece disposizioni sulla formazione specifica in medicina generale. Entrambe le disposizioni violano ad un tempo norme della Costituzione e norme dello statuto speciale di autonomia: esse vengono pertanto impugnate con il presente ricorso ex art. 127 della Costituzione affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento peri seguenti Motivi di diritto L'art. 7, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 aprile 2019, n. 2. L'art. 7, comma 1, della l.p. Bolzano n. 2/2019 sostituisce, come s'e' detto, l'art. 46-bis della legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7 e successive modificazioni - rubricata «Riordinamento del servizio sanitario provinciale» - dettando disposizioni in merito al sistema di valutazione dei dirigenti sanitari. Il novellato art. 46-bis, rubricato: «Organismo indipendente di valutazione e collegio tecnico», al comma 2 prevede che «L'organismo indipendente di valutazione svolge - tra gli altri: n.d.r. - i seguenti compiti: a) provvede alla valutazione di seconda istanza dei dirigenti in ambito sanitario in merito ai risultati manageriali e gestionali; b) provvede alla valutazione pluriennale al termine dell'incarico in merito ai risultati manageriali e gestionali [..]». Analogamente, il successivo comma 3 dispone che: «Il collegio tecnico svolge i seguenti compiti: a) provvede alla valutazione di seconda istanza dei dirigenti in ambito sanitario in merito agli aspetti tecnico-professionali; b) provvede alla valutazione pluriennale al termine dell'incarico in merito agli aspetti tecnico-professionali». Le disposizioni introdotte dalla legge provinciale in esame non sono in linea con i principi generali stabiliti dalla normativa statale in materia di valutazione dei dirigenti sanitari. Com'e' noto, l'art. 15, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 «Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421» - stabilisce infatti che «i dirigenti medici e sanitari sono sottoposti a una verifica annuale correlata alla retribuzione di risultato, secondo le modalita' definite dalle Regioni, le quali tengono conto anche dei principi del titolo II del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e successive modificazioni, nonche' a una valutazione al termine dell'incarico, attinente alle attivita' professionali, ai risultati raggiunti e al livello di partecipazione ai programmi di formazione continua, effettuata dal Collegio tecnico, nominato dal direttore generale e presieduto dal direttore di dipartimento, con le modalita' definite dalla contrattazione nazionale. Gli strumenti per la verifica annuale dei dirigenti medici e sanitari con incarico di responsabile di struttura semplice, di direzione di struttura complessa e dei direttori di dipartimento rilevano la quantita' e la qualita' delle prestazioni sanitarie erogate in relazione agli obiettivi assistenziali assegnati, concordati preventivamente in sede di discussione di budget, in base alle risorse professionali, tecnologiche e finanziarie messe a disposizione, registrano gli indici di soddisfazione degli utenti e provvedono alla valutazione delle strategie adottate per il contenimento dei costi tramite l'uso appropriato delle risorse. Degli esiti positivi di tali verifiche si tiene conto nella valutazione professionale allo scadere dell'incarico. L'esito positivo della valutazione professionale determina la conferma nell'incarico o il con ferimento di altro incarico di pari rilievo, senza nuovi o maggiori oneri per l'azienda, fermo restando quanto previsto dall'art. 9, comma 32, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122». Il successivo comma 6 prosegue precisando che «ai dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa sono attribuite, oltre a quelle derivanti dalle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e organizzazione della struttura, da attuarsi, nell'ambito degli indirizzi operativi e gestionali del dipartimento di appartenenza, anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa, e l'adozione delle relative decisioni necessarie per il corretto espletamento del servizio e per realizzare l'appropriatezza degli interventi con finalita' preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, attuati nella struttura loro affidata. Il dirigente e' responsabile dell'efficace ed efficiente gestione delle risorse attribuite. I risultati della gestione sono sottoposti a verifica annuale tramite il nucleo di valutazione». Le procedure di valutazione dei dirigenti medici e sanitari sono altresi' disciplinate dalle disposizioni dei CCNL di settore (v. articoli 25 e seguenti del CCNL del 3 novembre 2005 dell'area della dirigenza medico-veterinaria del Servizio sanitario nazionale e del CCNL del 3 novembre 2005 dell'area della dirigenza dei ruoli sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo del Servizio sanitario nazionale), le quali fissano specifici criteri di imparzialita', celerita' e puntualita' cui deve ispirarsi il sistema valutativo onde garantire la continuita' e la certezza delle attivita' professionali connesse all'incarico conferito, nonche' la stretta correlazione tra i risultati e la nuova attribuzione degli obiettivi. Secondo il consolidato orientamento di codesta ecc.ma Corte (v., ex multis, le sentenze numeri 422/2006 e 295/2009), costituiscono principi fondamentali in materia di «tutela della salute» le disposizioni statali sulla governance delle aziende sanitarie e, segnatamente, sia le norme che stabiliscono le modalita' di nomina e di revoca dei dirigenti sia quelle che disciplinano le modalita' di valutazione degli organi apicali delle aziende sanitarie, le quali si collocano in una prospettiva di miglioramento del «rendimento» del servizio offerto e, dunque, di garanzia, non soltanto del buon andamento dell'amministrazione, ma anche della qualita' dell'attivita' assistenziale erogata. L'intera disciplina dettata dalla normativa statale in materia ha infatti lo scopo di assicurare elevati livelli qualitativi nell'erogazione delle attivita' assistenziali posto che le figure del direttore generale, del direttore sanitario e del direttore amministrativo svolgono un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi definiti nel quadro della programmazione regionale. Alla stregua di quanto sopra e' evidente che la scarna e lacunosa disciplina dettata per la valutazione dei dirigenti sanitari dall'art. 46-bis della l.p. n. 7/2001, come novellato dall'art. 7, comma 1, della legge provinciale n. 2 del 2019 - il quale, tra l'altro, rimette ad un successivo regolamento di esecuzione la fissazione dei «criteri alla base dei sistemi di valutazione delle attivita' professionali, gli effetti della valutazione e le ulteriori funzioni specifiche affidate a ciascun organismo deputato alla valutazione» - non rispetta i principi fondamentali previsti in materia dalle disposizioni statali di riferimento. Principi i quali, com'e' noto, vincolano la potesta' legislativa provinciale in materia posto che, secondo la costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (sentenze numeri 126/2017, 162/2007, 134/2006 e 270/2005), la competenza legislativa concorrente concernente la «tutela della salute», assegnata alle regioni ordinarie dall'art. 117, comma 3, della Costituzione, e' piu' ampia di quella, attribuita alle province autonome dallo statuto speciale, in materia di «igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera» (cosi' l'art. 9, punto 10, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 recante approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). La formula utilizzata dall'art. 117, comma 3, della Costituzione esprime inoltre «l'intento di una piu' netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina» (cosi' la sentenza n. 282 del 2002): ne consegue che per le province autonome deve trovare applicazione la clausola di favore contenuta nell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e che di conseguenza il regime delle competenze provinciali in materia sanitaria e' quello fissato dall'art. 117, comma 3, della Costituzione per la materia della «tutela della salute». La norma provinciale che qui si impugna viola dunque i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato in materia di valutazione dei dirigenti sanitari e, quindi, l'art. 117, comma 3, della Costituzione; e, comunque, viola (anche) la disposizione di cui all'art. 9, punto 10, dello Statuto speciale di autonomia a mente del quale la potesta' legislativa provinciale in materia si esercita nei limiti dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato (v. art. 5 dello Statuto esplicitamente richiamato dall'art. 9 citato). L'art. 9, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 aprile 2019, n. 2. Altra censura riguarda l'art. 9, comma 1, della legge in esame il quale interviene, sostituendolo, sull'art. 7 della legge provinciale 15 novembre 2002, n. 14, contenente «norme per la formazione di base, specialistica e continua nonche' altre norme in ambito sanitario». Il novellato art. 7 della l.p. n. 14/2002, rubricato «Corsi a tempo pieno e a tempo parziale», stabilisce quanto segue: «Il corso comporta un impegno a tempo pieno o a tempo parziale con l'adeguamento proporzionale della borsa di studio provinciale e della durata del corso. La frequenza delle attivita' didattiche, pratiche e teoriche, e' obbligatoria». I corsi ai quali la disposizione si riferisce sono quelli istituiti dalla Provincia per la formazione specifica in medicina generale. Sul punto occorre rammentare che la normativa statale di riferimento - costituita dall'art. 9 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 - ha in generale stabilito che, fino al 31 dicembre 2021, in relazione alla contingente carenza di medici di medicina generale, nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione specifica i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, possono partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale (art. 9, comma 1, decreto-legge n. 135/2018 come modificato dall'art 12, comma 4, lettera a) del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35). In particolare, il comma 2 del citato art. 9 - anch'esso come modificato dall'art. 12, comma 4, lettera b) del decreto-legge n. 35/2019 - precisa che, per le finalita' anzidette, «le regioni e le province autonome, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 24, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, prevedono limitazioni del massimale di assistiti in carico o del monte ore settimanale da definire nell'ambito dell'accordo collettivo nazionale, e possono organizzare i corsi anche a tempo parziale, garantendo in ogni caso che l'articolazione oraria e l'organizzazione delle attivita' assistenziali non pregiudichino la corretta partecipazione alle attivita' didattiche previste per il completamento del corso di formazione specifica in medicina generale». Sotto questo profilo, la normativa nazionale e' perfettamente in linea con quella sovranazionale la quale, dopo aver stabilito, in linea generale, che «la formazione specifica in medicina generale avviene a tempo pieno» (v. art. 28, comma 3, dir. 7 settembre 2005, n. 2005/36/CE; ma v. anche l'art. 36 del relativo decreto legislativo attuativo 9 novembre 2007, n. 206), prevede che anche per detta formazione «gli Stati membri possono autorizzare una formazione a tempo parziale alle condizioni previste dalle autorita' competenti; queste ultime fanno si' che la durata complessiva, il livello e la qualita' di siffatta formazione non siano inferiori a quelli della formazione continua a tempo pieno» (cosi' l'art. 22, comma 1, lettera a) della direttiva citata). La normativa, sia comunitaria sia statale, di riferimento, prevedendo la possibilita' di organizzare corsi di formazione specifica in medicina generale a tempo parziale, non ha dunque inteso consentire l'attivazione di corsi di formazione diversi, sul piano dei contenuti formativi, rispetto ai corsi a tempo pieno, diversita' cui faccia riscontro una diversa misura della borsa di studio. Al contrario, nel caso di corsi di formazione a tempo parziale, l'art. 9 del decreto-legge n. 135 del 2018 ha semplicemente inteso derogare al principio dell'esclusivita' consentendo al medico in formazione di svolgere, in parallelo alla frequenza del corso, attivita' professionale convenzionata: fermo restando che, come precisato dalla stessa disposizione, «l'articolazione oraria e l'organizzazione delle attivita' assistenziali» non debbono pregiudicare «la corretta partecipazione alle attivita' didattiche previste per il completamento del corso di formazione specifica in medicina generale», perche', come imposto dall'art. 22, comma 1, lettera a) della direttiva n. 2005/36/CE, il livello e la qualita' della formazione a tempo parziale non possono essere inferiori a quelli della formazione a tempo pieno. L'identita' dei contenuti formativi e «la corretta partecipazione alle attivita' didattiche previste per il completamento del corso di formazione specifica in medicina generale» comporta dunque il diritto alla corresponsione dell'intera borsa di studio anche per coloro che sono stati ammessi a frequentare corsi di formazione specifica in medicina generale a tempo parziale. In questa prospettiva, la norma provinciale, prevedendo per i corsi a tempo parziale un «adeguamento proporzionale della borsa di studio provinciale», contrasta con quanto stabilito dal riportato art. 9 del decreto-legge n. 135 del 2018 il quale, pur consentendo al medico in formazione la possibilita' di assumere incarichi assistenziali su base convenzionale e di frequentare corsi anche a tempo parziale, prevede comunque l'obbligo del tirocinante di completare il corso di formazione specifica in medicina generale, obbligo cui fa riscontro il diritto dello stesso alla corresponsione dell'intera borsa di studio. L'art. 9, comma 1, l.p. n. 2/2019 e' dunque costituzionalmente illegittimo sia nel caso in cui il riferimento, ivi contenuto, ad un adeguamento proporzionale della misura della borsa di studio in caso di impegno a tempo parziale sia inteso nel senso che, nell'ipotesi di corsi a tempo parziale, la formazione sia - o possa essere - quantitativamente e qualitativamente diversa ed inferiore rispetto a quella garantita dai corsi a tempo pieno e che a tale diversita' quantitativa e qualitativa corrisponda l'erogazione di una borsa di studio di ammontare proporzionalmente minore; sia nel caso in cui quel riferimento debba essere interpretato nel senso che, a parita' di contenuti formativi, la frequenza dei corsi a tempo parziale comporta, proprio in ragione di tale parzialita', la corresponsione di una borsa di studio ridotta rispetto a quella erogata ai frequentatori dei corsi a tempo pieno. Per questi profili, l'art. 9, comma 1, della legge in esame, prevedendo comunque una riduzione dell'ammontare della borsa di studio provinciale per gli iscritti ai corsi di formazione specifica in medicina generale a tempo parziale, e' costituzionalmente illegittimo per violazione, innanzitutto, dell'art. 3 della Carta nella misura in cui introduce non consentite discriminazioni, sul piano formativo od economico, a livello provinciale, tra costoro e gli iscritti ai corsi di formazione a tempo pieno e, a livello nazionale, tra gli iscritti ai corsi di formazione a tempo parziale: realizzando cosi', a livello territoriale, disparita' di trattamento, formativo od economico, non giustificate nella specie dalla obbligatoria identita', nelle due ipotesi, dei contenuti formativi e, di conseguenza, economici. La stessa disposizione, incidendo sulla misura della borsa di studio, contrasta pure con le norme di cui all'art. 9, punti 4 e 10, dello Statuto di autonomia speciale a mente del quale la potesta' legislativa provinciale in materia, rispettivamente, professionale e sanitaria, deve rispettare i principi rivenienti dagli obblighi internazionali e quelli stabiliti dalle leggi dello Stato (v. gli articoli 4 e 5 dello Statuto richiamati dall'art. 9 citato): e tali sono quelli che, prevedendo che il livello e la qualita' della formazione a tempo parziale non siano inferiori a quelli della formazione a tempo pieno, impongono, in entrambi i casi, la completezza della formazione e, di riflesso, la corresponsione dell'intera borsa di studio; con conseguente violazione dell'art. 117, commi 1 e 3, della Costituzione.